I nostri partner - EERT

VISITA IL LORO SITO

Pelle, ecopelle e similpelle. Quale soluzione è più sostenibile?

Home » Vivere green » Pelle, ecopelle e similpelle. Quale soluzione è più sostenibile?
Tempo di lettura 5 minuti

Ascolta il podcast di introduzione all’articolo! 

Pelle, ecopelle e similpelle: il mercato offre diverse opzioni e capire quale sia la più sostenibile non è poi così facile. Il termine “ecopelle” potrebbe infatti richiamare un’attenzione maggiore nei confronti dell’ambiente, ma è comunque una pelle di derivazione animale. D’altro canto, l’alternativa vegana, chiamata comunemente similpelle, ha spesso al suo interno materiali plastici che rendono il prodotto altrettanto impattante sotto il profilo ambientale. Abbiamo intervistato Gigi Perinello di Ragioniamo con i piedi, che lavora da decenni nel mondo calzaturificio e ci spiega le sue scelte in termini di sostenibilità.

Pelle ed ecopelle significato: il sistema italiano

Iniziamo con il distinguere i due tipi di tessuti. Sebbene infatti nel titolo abbiamo distinto pelle ed ecopelle, in Italia questa differenza è pressoché irrilevante. Per ecopelle non si intende affatto una pelle di derivazione vegetale, ma una pelle di derivazione animale conciata con metodi a basso impatto ambientale. Nel nostro paese la legislazione è molto severa riguardo la concia dei pellami; perciò quasi tutta la pelle prodotta rientra nella definizione di ecopelle o sinonimi (pelle ecologica, ecocuoio, ecoleather). La parte più dannosa per l’ambiente deriva infatti dai sistemi di concia (a causa dell’alto impatto idrico, dell’uso di cromo e di altre sostanze chimiche che le industrie riversano nei fiumi).

Nella maggior parte dei sistemi conciari italiani vengono utilizzati impianti di purificazioni dell’acqua che, con le dovute certificazioni, rendono le pelli conciate in questi stabilimenti classificabili come “ecopelle”. È logico intuire che all’interno della macro-categoria ecopelle esistano differenti sistemi di produzione che rendono il prodotto finale più o meno ecologico. Ad esempio, esistono impianti di concia in cui si utilizzano sostanze di origine vegetale, come i tannini, che abbattono ulteriormente l’impatto ambientale delle pelli prodotte.

Ecopelle: la scelta delle materie prime

Un’altra forte discriminante affinché la pelle sia “sostenibile” deriva dalla scelta delle materie prime: la pelle può derivare da bestiame italiano, europeo o estero, ed essere quindi soggetto a diverse legislazioni per quanto riguarda le condizioni degli animali in allevamento. Può derivare dagli scarti dell’industria alimentare; in questo caso si tratta di un recupero di rifiuti che, se non venissero utilizzati, sarebbero altamente inquinanti e difficili da smaltire. Oppure può provenire da allevamenti di animali da pelliccia dove l’animale viene deliberatamente allevato e ucciso per produrre pellame destinato ai prodotti di moda. In questo secondo caso la sostenibilità è alquanto discutibile. Esistono numerose inchieste che accertano le condizioni penose in cui riversano gli animali in allevamenti da pelliccia (vedi la puntata di Report L’etichetta).

Similpelle: un prodotto sostenibile?

Prima di approfondire la sostenibilità della prima categoria, ovvero la pelle derivata dagli scarti delle industrie alimentari, è però opportuno definire l’altro tipo di tessuto presente nel titolo: la similpelle. La similpelle o pelle sintetica non è di origine animale, ma riproduce artificialmente l’aspetto della pelle. Sulla carta la similpelle rappresenta quindi un’alternativa vegana per chi vuole acquistare prodotti cruelty free. Tuttavia, il finto rivestimento di pelle viene prodotto prevalentemente con l’uso di materiale plastico. Si utilizzano sostanze sintetiche, poliammide e poliuretano, che dopo un’operazione di fissazione riproducono l’aspetto della pelle naturale.

Bisogna fare un distinguo per tutti quei nuovi materiali apparsi sul mercato che puntano alla produzione di similpelle grazie a materiali organici. Pelli fatte dalle bucce di arance, come quella proposta da Orange Fibers, o dagli scarti dell’industria vinicola, come ad esempio la WineLeather, aprono certamente una via esplorabile nel mondo della moda sostenibile. Questi esempi rappresentano tuttavia un’eccezione ancora fortemente di nicchia. Inoltre, è necessario verificare se questi tessuti siano adatti per tutti i tipi di oggetti di moda o siano utilizzabili soltanto nei capi o accessori più flessibili (vestiti, borse, cinture). Sostituire la pelle naturale in prodotti quali le scarpe invernali è assai più complicato. Spesso si corre il rischio di utilizzare tessuti ecologici solo in piccola percentuale, per poi ricorrere a materiali plastici o inquinanti per completare il prodotto. Un classico tentativo di greenwashing a cui siamo sempre più spesso abituati.

Intervista a Gigi Perinello di Ragioniamo con i piedi

Ecopelle o similpelle? Il lettore avrà sicuramente capito che è estremamente difficile prendere una decisione netta in termini di sostenibilità. Se da una parte c’è il voler smettere di sfruttare gli animali per soddisfare i vizi degli uomini, dall’altra c’è la reale necessità di procurarsi materiali che siano quanto più sostenibili nel lungo termine. L’ecopelle, se proveniente da scarti delle industrie alimentari che non processano carne da allevamenti intensivi, può comunque essere considerata un’alternativa sostenibile in un’ottica di economia circolare. Per questo abbiamo voluto intervistare Gigi Perinello, fondatore dell’azienda di scarpe Ragioniamo con i Piedi. Egli fa ricerca da molti anni per cercare di offrire un prodotto che sia quanto più vicino all’ambiente, sotto diversi punti di vista.

ecopelle
Gigi Perinello, fondatore de Ragioniamo con i Piedi

Gigi, quali criteri adotti per far sì che le tue scarpe siano a basso ridotto ambientale? Nel tuo sito spieghi che la sostenibilità della pelle non deve limitarsi al sistema di concia ma riguardare tutte le fasi di produzione. Che cosa distingue quindi le scarpe di Ragioniamo con i Piedi?

“Non c’è solo la concia che è importante per l’ambiente ma anche l’umanità che dobbiamo rispettare nel processo produttivo delle nostre scarpe. Dietro alle lavorazioni vi sono uomini e il bisogno di formare persone nel modo corretto, pagandole equamente e garantendo loro un sistema di solidarietà che caratterizza la comunità in cui il valore del lavoro è elevato ed ha una funzione educativa. Noi siamo una piccola fucina in cui i giovani vengono accolti e formati per entrare a far parte di un sistema che si affiderà a loro per svilupparsi”.

Ecopelle e Made in Italy

Nel tuo sito sottolinei spesso il fatto che i tuoi prodotti sono fatti per durare negli anni, perché deve essere permesso ai clienti di ripararle, oltre all’ottima qualità che cerchi di garantire. Inoltre, tieni molto al fatto che le scarpe di Ragioniamo con i Piedi siano Made in Italy, un concetto da molti abusato al giorno d’oggi. Cosa significa quindi per te “sostenibilità”?

“La nostra sostenibilità è garantire lavorazioni che rendano la scarpa riparabile e duratura. Può essere riparata da tutte le persone che fanno il lavoro dei ciabattini. E che quindi un po’ di conoscenza della scarpa ce l’hanno. Oppure direttamente da noi. Siamo anche in grado di assistere a distanza i ciabattini che ci interpellano. Non possiamo pensare più all’usa e getta ma a fare dei tagliandi di rigenerazione e manutenzione alle scarpe. Il made in Italy serio è fondamentale per garantirci queste opportunità”.

Ecopelle e ricerca di una sostenibilità a lungo termine

L’esperienza di Gigi non è sintetizzabile in queste poche righe. Nei suoi laboratori avviene un’attenta ricerca delle materie prime, facendo sì che provengano quanto più possibile dall’Italia o da paesi europei dove c’è un sicuro tracciamento. Si tratta di scarti di industrie alimentari che trattano carni di alta qualità e che quindi presumibilmente non provengono da allevamenti intensivi. Diciamo presumibilmente perché non esistono certificazioni a questo riguardo. Però, ci è stato spiegato che l’elevatissima qualità richiesta fa sì che la provenienza da allevamenti industriali sia da escludere.

Per fare pelli di alta qualità l’allevamento intensivo non è adatto perché gli animali mangiano mangime e non erba, non vivono all’aperto e quindi non strutturano una fibra della pelle che gli permetta di subire i freddi e i caldi della vita all’aperto (fattore determinante per la consistenza della pelle). Successivamente queste carni vengono conciate in impianti a bassissimo impatto ambientale grazie all’uso dei tannini. Infine, nei laboratori di Ragioniamo con i Piedi gli artigiani cercano di creare un prodotto su misura che rispetti i criteri di resistenza, lunga durata e riparabilità.

Un prestito dalla natura

Come si evince dalla panoramica di questo articolo non è affatto scontato saper scegliere fra le varie opzioni. Sia l’ecopelle che la similpelle hanno delle esternalità positive e delle esternalità negative sull’ambiente e sull’ecosistema nel suo insieme. Ciò che ci ha spinto a dar voce alla realtà locale di Gigi Perinello è la profonda ricerca in cui da anni egli è impegnato per trovare una soluzione realmente sostenibile, non solo come metodo propagandistico. Durante il nostro dialogo, ha definito la sostenibilità con queste parole: “dalla natura devo farmi prestare delle materie prime che una volta utilizzate gli devo restituire, questa è l’economia circolare cui punto”. Condividiamo appieno il suo messaggio e invitiamo tutti i lettori che sono interessati all’argomento a contattarlo direttamente agli indirizzi forniti su Ragioniamo con i Piedi. Ci auguriamo che la ricerca in questo campo prosegui per raggiungere prodotti che siano completamente biodegradabili e restituibili alla natura.

I nostri partner - VAIA

VISITA IL LORO SITO

di Federica Bilancioni
Nov 21, 2020
Nata nel 1994 a Fano, si laurea in Storia all’Università di Bologna. Decide poi di iscriversi alla magistrale Global Cultures ed è grazie ad una materia specifica di questa magistrale che si appassiona alla tematica ambientale. Dal 2017 infatti, Federica fa ricerca sul cambiamento climatico e lo sviluppo sostenibile. Dopo l’Erasmus a Lund (Svezia), la sua vita si orienta ancora di più in questa direzione, organizzando conferenze e dibattiti sulle tematiche ecologiche. Nel 2019 si iscrive al Master di I livello Comparative Law Economics and Finance presso l’International University College di Torino. Negli anni universitari collabora con Limes Club Bologna e scrive articoli per limesonline e Affari Internazionali. Attualmente insegna lettere e collabora con L’Ecopost per aumentare la copertura di stampa sulla crisi ecologica e diffondere buone pratiche per mitigarla.

Leggi anche: